casa Giardo

Rovistando tra vecchie cose è saltata fuori questa pagina di fumetto che riassume la mia giornata tipo quando avevo 14 anni e… una grande opinione di me stesso! Per la cronaca: pesce, fegato e bollito sono i cibi che più detesto. Click sull’immagine per ingrandirla.

Ho avuto occasione, la scorsa settimana, di fare un salto al museo del cinema di Torino, dove c’è una bellissima mostra dedicata ai personaggi della Warner Bros. Qual’è il mio personaggio Warner preferito? Ovviamente Wile E. Coyote! Tanti anni fa ebbi anche l’occasione di disegnarlo e di realizzare un animatic per una campagna pubblicitaria di candele per auto di cui il buon Coyote e il Bip Bip erano testimonial. Eccomi al museo con uno dei model sheet del personaggio, e sotto un folder che disegnai per quella vecchia campagna pubblicitaria.

Pausa di un paio di giorni in occasione di Torinocomics. Eccomi immortalato dall’amico Mimmo insieme al bravissimo Davide Furnò, autore delle copertine di Saguaro, la nuova serie della Bonelli in uscita a Maggio. E ora, al lavoro!

Complice il troppo lavoro e il poco tempo ormai che i film rimangono in sala, mi ero perso la visione di Tintin al cinema, che ho recuperato in versione blu-ray e ho visto comodamente sul divano di casa. Ecco la mia recensione approfondita: bello, bello, bello! Da vedere e rivedere. 🙂

Aggiungo solo che questo film è l’ennesima occasione persa dai membri dell’Academy per dare un meritatissimo Oscar ad Andy Serkis, che qui interpreta in maniera magistrale il Capitano Haddok.

In questi giorni sto mettendo ordine tra scatoloni pieni di vecchie cose. Dagli scatoloni sono usciti un sacco di ricordi, tra i quali queste polaroid che mi ritraggono nei panni di Wile E. Coyote e di D-3Bo nella mia cameretta in occasione di un paio di carnevali di molti anni fa. Costumi rigorosamente fatti a mano da mia mamma con santa pazienza, il Coyote tutto di panno e peluche (maschera compresa) e D-3bo tutto gommapiuma rivestita di stoffa dorata. Che lavorone, povera mamma! Il tutto perchè io, ormai grande, le confessai che da bambino mi sarebbe piaciuto avere il vestito da zorro, ma non ebbi mai il coraggio di chiederlo perchè sapevo che a lei e a mio papà il carnevale non piaceva. E così la mamma si mise al lavoro per regalarmi i carnevali che non ebbi da bambino. E che carnevali! C1p8 invece lo costruii io, con un fustino rivestito di cartone, un’insalatiera e due motorini blu della Lego sotto le zampe per permettergli di muoversi. Altri tempi… Click per ingrandire l’immagine.

Rientrato a casa da Cartoomics, cena con sorpresa finale. Grazie, Stefania!

Dell’artista Moebius non c’è nulla che non sia già stato detto e che non verrà ribadito in questi giorni. Voglio condividere questo episodio personale che invece secondo me racconta la grandezza dell’uomo.

Expocartoon del 1999, Moebius ospite d’onore. Sabato sera, cena offerta dagli organizzatori agli autori e agli addetti del settore. Io ero al tavolo riservato alla Bonelli, assieme ad alcuni colleghi, tra i quali l’amico Federico Memola. Qualche metro più in là, il tavolo di Moebius. Durante la cena, inevitabilmente parlammo di lui, di come la sua arte ci avesse colpito, segnato, ispirato. Confessai agli altri di non avere il coraggio di andare a stringergli la mano, sebbene desiderassi farlo. Cercavo perfino di evitare di incrociare il suo sguardo, sotto il peso di un timore reverenziale ed una sciocca timidezza, di quelle che ti paralizzano e ti fanno apparire stupido e persino sgarbato. La cena proseguì. Tra una portata e l’altra ad un tratto mi sentii toccare una spalla. Era Federico che, senza che io lo notassi, era andato al tavolo di Moebius e, raccontandogli forse del povero fumettista timido, lo aveva sfacciatamente condotto proprio davanti a me. “Bhè, adesso è qui, digli qualcosa!” Ricordo vagamente la frase dell’amico che mi esortava ad uscire dalla paralisi e dall’imbarazzo che mi colpirono di fronte al Maestro. Non spiaccicavo una parola di francese, mi rivolsi a Federico, perchè traducesse e perchè sarebbe stato sacrlilego dal mio punto di vista rivolgermi direttamente al mito. “Digli… digli che mi ha fatto sognare!” Balbettai, rosso in volto e con le gocce di sudore freddo sulla schiena. Jean Giraud, Moebius, non ebbe bisogno della traduzione, capì. Si avvicinò e semplicemente mi diede un bacio sulla guancia, come un padre affettuoso e premuroso con uno dei suoi figli.

Potrei fermarmi qui, ma c’è un’appendice di quella serata che aggiunge qualcosa: a fine cena Moebius prese a girare per i tavoli con un piccolo bloc notes, che porse ai disegnatori presenti pregando tutti di fargli un disegnino, un ricordo che avrebbe donato alla moglie. Così, quando fu il mio turno, disegnai incredulo e tremante un piccolo Jonathan Steele nel taccuino del Maestro.

Questo era l’uomo che ebbi la fortuna di conoscere.

Oggi Dino Zoff, leggendario portiere campione del mondo del 1982 compie 70 anni. Io negli anni settanta ero un ragazzino che giocava a pallone come portiere e lui era il mio idolo, il mio modello di riferimento. Mia mamma mi aveva anche fatto la riproduzione della sua classica maglia della nazionale, riadattando un maglione grigio comprato al mercato al quale aveva cucito il colletto blu e lo scudetto tricolore ricavati da scampoli di stoffa. Altri tempi. Di Zoff mi piaceva la serietà e la sportività dell’uomo, prima che il talento del campione. Un grande, un grandissimo, non un buffon qualsiasi.

… di dimensione artistica, diceva in una canzone Elio. In questo caso sono forse anche 40. Di neve, che grazie al gelo in arrivo, diventerà ghiaccio. E intanto io spalo. Yuppie!

Il panorama da brivido intorno a casa mia. Brrr!

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